IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
 
 
                       in sede giurisdizionale 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 824 del  2016,  proposto  da  P         M         ,
rappresenta  e  difesa  dagli  avvocati  Guglielmo  Conca,  Raffaello
Capunzo,  con  domicilio  eletto  presso  lo   studio   dell'avvocato
salvatore Leone Giunta in Palermo, via G. Arimondi n. 2/Q; 
    Contro Universita' degli studi di M       , in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato, presso i cui uffici e' ex lege domiciliata,
in Palermo, via Villareale, n. 6; 
    Per la riforma della sentenza del T.A.R. Sicilia - Catania,  sez.
I, n. 1320/2016, concernente cessazione dalle funzioni di ricercatore
per scadenza del periodo di aspettativa per malattia; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  dell'Universita'  degli
studi di M       ; 
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  16  gennaio  2019  il
Cons. Maria Immordino  e  udito  per  l'appellante  l'avvocato  Maria
Beatrice  Miceli  su  delega  dell'avvocato   Raffaello   Capunzo   e
l'avvocato Guglielmo Conca, nonche' l'avvocato dello Stato  Francesco
Pignatone; 
    1. L'odierna appellante lamenta l'ingiustizia della sentenza  del
TAR Catania, n. 1320/2016 che ha respinto  il  ricorso  proposto  per
l'annullamento dei seguenti provvedimenti: 
        - decreto rettorale n. 1053 (prot. 28961) dell'8.5.2015,  con
il quale e' stata  disposta  la  cessazione  della  ricorrente  dalle
funzioni  di  ricercatore  confermato  per  il  SSD   MED/29   presso
Dipartimento    di    scienze     sperimentali     chirurgiche     ed
odontosmatologiche presso l'Universita' degli studi di M          per
scadenza del periodo di aspettativa, con decorrenza dal 3.3.2015; 
        - nota di accompagnamento a tale decreto; 
        - nota prot. 15569 del 12.3.2015,  recante  comunicazione  di
avvio  del  procedimento  amministrativo   finalizzato   al   recesso
datoriale per scadenza del periodo massimo di aspettativa; 
        -  nota  rettorale  prot.   21314   del   9.4.2015,   recante
osservazioni alla memoria partecipativa della ricorrente  inviata  ex
art. 10-bis, l. n. 241/1990; 
        - ogni altro atto preordinato, conseguente e/o  connesso  con
quelli  che  precedono,  in  ogni  caso  lesivo  del  diritto   della
ricorrente al reintegro nel ruolo di ricercatore  confermato  per  il
SSD MED/29 presso il Dipartimento di scienze sperimentali chirurgiche
ed odontosmatologiche dell'Universita' degli studi di M          ; 
    nonche' per l'accertamento e la declaratoria  del  diritto  della
ricorrente: 
- ad essere immediatamente reintegrata in  ruolo,  previo  ripristino
dello stato di servizio matricolare, nonche' alla retribuzione in uno
con gli arretrati dovuti e debendi,  maggiorati  degli  accessori  di
legge; 
- al risarcimento del danno  morale  e  biologico  patito  a  cagione
dell'illegittima esclusione dai ruoli dei ricercatori  confermati  in
servizio alle dipendenze del convenuto Ateneo, da liquidarsi anche in
via equitativa. 
    2.  Per  una  migliore  comprensione  della   questione   oggetto
dell'appello in epigrafe, giova una sintetica ricostruzione dei fatti
sottesi al provvedimento impugnato. 
    Alla prof.ssa P          M             ,  ricercatore  confermato
per il SSD MED/29 presso  il  Dipartimento  di  scienze  sperimentali
chirurgiche ed odontosmatologiche  dell'Universita'  degli  studi  di
M       , in data 17.12.2014 e' stato diagnosticato un carcinoma alla
mammella che ha comportato la sottoposizione della stessa,  prima  ad
esami clinici, quindi ad un intervento chirurgico, successivamente  a
terapie salvavita (radioterapia e terapia farmacologica). 
    Per seguire il suddetto percorso terapeutico la ricorrente si  e'
assentata dal servizio a partire dal 17.12.2014 fino all'11.4.2015. 
    In precedenza, dal 24.4.2013 al 6.12.2014 la prof.ssa M          
era stata assente dal servizio, per motivi  di  salute,  nonche'  dal
18.9.2014 al 6.12.2014, aveva usufruito di un periodo di  aspettativa
non retribuita, sempre per motivi di  salute.  Ritenendo  scaduto  il
periodo di massima aspettativa per motivi  di  salute,  di  cui  agli
artt. 2110 c.c. e 68, 70  del  d.lgs.  n.  3/1957,  con  decreto  del
rettore n. 1053 dell'8.5.2015 l'Universita' ha proceduto al  "recesso
datoriale per scadenza del periodo massimo di aspettativa" per motivi
di salute, con  conseguente  cessazione  del  rapporto  di  lavoro  a
decorrere  dal  28.2.2015,  essendosi  la  ricorrente  assentata  dal
lavoro, per motivi di salute, nei due anni precedenti per un  periodo
superiore a complessivi diciotto mesi. 
    3. Avverso detto  provvedimento  l'attuale  appellante  ricorreva
innanzi al TAR Catania, deducendone l'illegittimita'  per  contrasto,
in particolare, con l'art. 35, comma 14, del c.c.n.l. 2006 -  2009  -
comparto Universita', secondo cui "in caso  di  gravi  patologie  che
richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti  sono
esclusi dal computo dei giorni di assenza  per  malattia  di  cui  al
comma 1  del  presente  articolo,  oltre  ai   giorni   di   ricovero
ospedaliero o di day hospital anche quelli  di  assenza  dovuti  alle
conseguenze  certificate  delle  terapie.  Pertanto  per   i   giorni
anzidetti di assenza spetta l'intera  retribuzione",  e  chiedendone,
contestualmente, la sospensione in via cautelare. 
    La sospensione cautelare veniva accordata dal  Giudice  di  prime
cure alla camera di consiglio dell'8.10.2015, e confermata da  questo
Consiglio, con ordinanza n. 89/2016,  a  seguito  della  proposizione
dell'appello da parte dell'Ateneo  contro  l'ordinanza  cautelare  di
primo grado. 
    L'Ateneo di M        , costituitosi in  giudizio,  eccepiva,  tra
l'altro,  l'inapplicabilita'  della  citata  norma  e,  quindi,   dei
benefici previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro
relativa  al  personale  del  comparto  universita',  invocati  dalla
ricorrente. 
    4. Trattenuta la causa per la decisione alla pubblica udienza del
24 marzo 2016, con la sentenza n. 1320/2016 il Giudice di prime  cure
respingeva il ricorso. 
    Ad avviso dell'adito TAR la norma di cui al richiamato  art.  35,
comma  14  c.c.n.l.  2006-2009  comparto  Universita'  il,   non   e'
applicabile alla prof.ssa M        in quanto, ai sensi  dell'art.  3,
comma 2, d.lgs. 30.3.2001 n. 165, il rapporto di lavoro dei docenti e
ricercatori universitari e' sottoposto ad  uno  statuto  speciale  di
diritto  pubblico,  le  cui  principali  previsioni  normative   sono
contenute nel d.P.R. 11.7.1980 n. 382, come modificato  ed  integrato
dalla l. 9.12.1985 n. 705 e dalla 1. 18.3.1989 n. 118. 
    L'inapplicabilita'  della  disciplina  contenuta  nei   contratti
collettivi concernenti il comparto del personale dell'Universita'  e,
quindi, anche del citato comma 14 dell'art. 35, al personale  docente
trova conferma nell'art. 12 del contratto collettivo  quadro  per  la
definizione  dei  comparti  di  contrattazione  per  il   quadriennio
2006-2009 (c.c.n.q.) dell'11.6.2007, il quale  espressamente  esclude
dall'ambito  di  operativita'  di  tale  comparto  i   professori   e
ricercatori universitari. 
    Anche le altre censure  sollevate  dalla  ricorrente  avverso  il
provvedimento impugnato venivano dichiarate infondate dal TAR. 
    5. Con l'appello in esame la prof.ssa M               ha  chiesto
la riforma della sentenza per le conseguenti statuizioni conformative
e di condanna, chiedendo  altresi'  la  sospensione  cautelare  della
sentenza gravata. 
    6. Questo Consesso con ordinanza cautelare 28.9.2016 n.  629,  ha
disposto la sospensione della sentenza appellata  e,  per  l'effetto,
dei  provvedimenti  impugnati  in  prime  cure,   con   la   seguente
motivazione: "Ritenuto che le ragioni dell'appellante  appaiono,  sia
pure alla sommaria  cognizione  propria  della  fase,  meritevoli  di
attento tempestivo approfondimento, sia sotto il profilo della dubbia
conformita' a costituzione degli orientamenti interpretativi adottati
dal  Giudice  di  primo  grado,  sia  sotto   quello   della   dubbia
legittimita', dal punto di vista  della  competenza  funzionale,  del
provvedimento impugnato con il  ricorso  introduttivo;  ritenuto  che
sussistono gli elementi di periculum evocati". 
    7. L'appello e' affidato a due censure. 
    Con la prima si contesta l'erroneita' della  sentenza  per  avere
ritenuto inapplicabile ai docenti universitari le disposizioni di cui
al richiamato art. 35, comma 14, del c.c.n.l. 2006 - 2009 -  comparto
Universita', escludendo  cosi'  dai  relativi  benefici  la  prof.ssa
M           . In particolare, secondo l'assunto della ricorrente, non
andava computato nel limite di 18 mesi il periodo di aspettativa  per
il trattamento terapeutico richiesto per la cura del  carcinoma  alla
mammella. 
    Secondo   l'appellante   l'inapplicabilita'   della    suindicata
disposizione al personale docente sarebbe in contrasto sia con l'art.
3 Cost., che garantisce il principio d'uguaglianza, sia con l'art. 32
Cost., che tutela il diritto alla salute di tutti  i  cittadini.  Una
interpretazione costituzionalmente orientata delle  disposizioni  del
c.c.n.l. avrebbe consentito all'appellante  di  godere  dei  benefici
discendenti dalla suddetta disposizione in caso  di  gravi  patologie
per il personale universitario, senza cioe'  escludere  il  personale
docente. 
    Con la  seconda  censura,  si  contesta,  come  in  primo  grado,
l'incompetenza del sottoscrittore del provvedimento impugnato. 
    8. Questo Consesso, con sentenza parziale e istruttoria 22.2.2018
n. 108, ha: 
        a) delimitato la materia del contendere, evidenziando che  il
ricorso di primo grado era affidato a tre  censure,  la  terza  delle
quali assorbita dal Tar e non riproposta  in  appello;  sicche'  deve
intendersi rinunciata ai sensi dell'art. 101 c.p.a.; 
        b) esaminato la seconda censura, respingendola; 
        c)  esaminato  in  parte  la  prima  censura,  ritenendo,  in
sintesi, che: 
c1)  non  fosse  possibile  applicare  nel   pubblico   impiego   non
privatizzato l'invocato art. 35, comma 14, c.c.n.l.  2006  -  2009  -
comparto Universita'; 
c2) non fosse nemmeno possibile  una  interpretazione  dell'art.  68,
t.u. n. 3/1957, "costituzionalmente orientata" nel senso di escludere
dal computo del periodo massimo di assenza per malattia i periodi non
computabili secondo il citato art. 35, comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009
- comparto Universita'; 
c3) sussistesse una oggettiva disparita' di trattamento tra  pubblico
impiego non privatizzato e privatizzato, atteso che nel primo non  si
escludono dal computo del periodo massimo di assenza per malattia, in
caso di gravi  patologie,  i  giorni  di  ricovero  e  cura  previsti
dall'art. 35, comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009 - comparto Universita'; 
c4) occorresse approfondire in fatto la rilevanza della questione  ai
fini di un possibile incidente di costituzionalita'; 
c5) per l'effetto, disposto istruttoria in ordine alla prima censura,
al duplice fine di verificare se fosse in  fatto  stato  superato  il
periodo massimo di  aspettativa  utilizzabile,  applicando  tutte  le
possibilita' consentite dal quadro normativo vigente, e se, sempre in
fatto, la patologia della ricorrente rientrasse  tra  quelle  di  cui
all'art. 35, comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009 comparto Universita'. 
    8.1. Dall'istruttoria demandata  all'Universita'  e'  emerso  che
fossero stati utilizzati  dalla  ricorrente  tutte  le  tipologie  di
permesso  consentite,  e  che  non  residuassero  ulteriori   periodi
fruibili. 
    8.2.  La  verificazione  e'  stata  affidata  prof.  C           
 B                  , ed e' stata finalizzata  ad  accertare  "se  il
periodo  di  assenza  dal  lavoro  da  parte  della  ricorrente   dal
17.12.2014  al  27.2.2015  e  dal  28.2.2015  al   10.3.2015,   fosse
necessario e, dunque, giustificato, dall'esigenza di  effettuare  una
terapia  salvavita,  oppure  se  la  patologia  e  le  relative  cure
potessero consentire alla stessa ricorrente  una  ripresa,  sia  pure
saltuaria del servizio". 
    Il verificatore nella sua relazione afferma che  "il  periodo  di
assenza per  malattia  dal  lavoro  nel  periodo  dal  17.12.2014  al
10.3.2015 era giustificato  dalla  esigenza  di  effettuare  un  iter
terapeutico salvavita con margini pressoche' inesistenti per una  sua
ripresa saltuaria del servizio". 
    8.3. Nelle controdeduzioni  della  prof.  C        F            ,
inoltrate  al  C.T.U.,  si  afferma,   diversamente,   che   non   e'
documentabile con certezza se la signora M           fosse  in  grado
di  riprendere,  anche  saltuariamente,  il   servizio   durante   il
trattamento terapeutico, essendo  questa  una  scelta  personale  che
varia da caso a caso anche in relazioni alle condizioni generali  del
paziente. 
    8.4.  Il  Collegio   ritiene   che   la   consulenza   di   parte
dell'Universita' non sia in grado di scalfire il  ragionamento  e  le
conclusioni del verificatore nominato dal Collegio, che si e' fondato
sull'esame della documentazione sanitaria in  atti,  su  accertamenti
diagnostici e sull'esame diretto della ricorrente. 
    9. Il Collegio ritiene che la causa non possa essere decisa senza
sollevare incidente di costituzionalita', nei termini che seguono. 
    9.1. In punto di  non  manifesta  infondatezza  della  questione,
giova  richiamare  le  considerazioni  gia'  svolte  nella  decisione
parziale n. 108/2018, che di seguito si riportano. 
    L'unica residua questione di diritto che la causa pone e' se  sia
estensibile o meno l'art. 35,  comma  14,  c.c.n.l.  2006  -  2009  -
comparto  Universita'   al   rapporto   di   pubblico   impiego   non
privatizzato. 
    E' indubbio che tale  previsione,  di  natura  contrattuale,  sia
dettata per il rapporto di impiego privatizzato, e  che  pertanto  la
stessa non sia  applicabile  al  rapporto  di  pubblico  impiego  non
privatizzato, quale e' quello del ricercatore universitario. 
    Il periodo di assenza per  malattia,  nel  pubblico  impiego  non
privatizzato, e' disciplinato dagli artt. 68 e 70, d.P.R. n.  3/1957,
che prevedono un periodo massimo di assenza continuata  per  malattia
pari a diciotto mesi, e un periodo massimo cumulato  di  assenza  per
malattia e per motivi di famiglia,  pari  a  due  anni  e  mezzo  nel
quinquennio  (con  possibilita'  di  una  ulteriore  estensione,   su
domanda, per altri sei mesi, e dunque per un  totale  di  tre  anni),
senza escludere dal computo i periodi di assenza per grave patologia,
per ricovero e intervento chirurgico e successive terapie salvavita. 
    Pertanto,  in  termini  di  stretto  diritto,  si   delinea   una
disparita' di  trattamento  tra  dipendenti  pubblici  in  regime  di
impiego "privatizzato" e dipendenti pubblici  in  regime  di  impiego
"non privatizzato", in danno di questi ultimi, atteso che nel periodo
massimo di assenza per malattia vengono computati anche i periodi  di
assenza per gravi patologie, come, nella specie,  quella  oncologica.
Trattasi di discriminazione rilevante ai sensi degli  artt.  3  e  32
Cost. 
    La disparita' di trattamento non e' tuttavia superabile  mediante
applicazione diretta dell'art. 35 comma 14, c.c.n.l. 2006  -  2009  -
comparto  Universita',  trattandosi  di  previsione  che  non   trova
applicazione al rapporto di pubblico impiego non privatizzato. 
    Ne'  la  disparita'  di  trattamento  e'  superabile   attraverso
l'interpretazione "costituzionalmente orientata" degli artt. 68 e 70,
d.P.R.  n.  3/1957,  perche'   l'interpretazione   costituzionalmente
orientata e' possibile quando di un testo  normativo  sono  possibili
piu' opzioni ermeneutiche. Tanto non si verifica nel caso di  specie,
dove la norma pone un  periodo  massimo  dell'assenza  per  malattia,
senza dare spazio a possibili eccezioni in via esegetica. 
    9.2. In punto di rilevanza della questione,  la  causa  non  puo'
essere decisa prescindendo dalla soluzione  della  medesima,  che  e'
l'unica residua che la causa pone. 
    In punto di fatto si e' accertato: 
        a) che se nel periodo di assenza per malattia non fosse stato
computato il periodo non computabile ai sensi  del  citato  art.  35,
comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009 - comparto Universita', ma computabile
invece ai sensi dell'art. 68  t.u.  n.  3/10957,  la  ricorrente  non
avrebbe perso il posto di lavoro; 
        b) che la patologia tumorale  di  cui  e'  stata  affetta  la
ricorrente rientra nella fattispecie astratta delineata dall'art. 35,
comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009 - comparto Universita'; sicche' ove la
ricorrente fosse stata una dipendente in regime di  pubblico  impiego
privatizzato, avrebbe potuto usufruire  del  beneficio  ivi  previsto
(non computabilita' di certi periodi di assenza per malattia nel c.d.
periodo di comporto), mentre non ne ha potuto fruire, trattandosi  di
dipendente in regime di diritto pubblico non privatizzato; 
        c) ne' giova la considerazione che gli  arti.  68  e  ss.  n.
3/1957 consentono di  fruire  di  periodi  di  aspettativa  a  titolo
diverso dalla malattia: 
(i) perche' in punto di fatto la  ricorrente  ne  aveva  gia'  fruito
prima che insorgesse la patologia tumorale, e dunque non poteva  piu'
avvalersene per assentarsi per le cure oncologiche; 
(ii) e perche' in punto di diritto si tratta  di  istituti  giuridici
diversi, e dunque non  comparabili;  al  fine  della  verifica  della
violazione dell'art. 3 Cost. occorre  comparare  "poste  omogenee"  e
segnatamente i periodi di assenza  per  malattia  consentiti  per  il
pubblico impiego in regime di diritto pubblico e per quello in regime
di diritto privato, e i relativi criteri di computo; la  comparazione
evidenzia che il  regime  della  contrattazione  collettiva  e'  piu'
favorevole rispetto a  quello  posto  dalle  norme  primarie  per  il
pubblico impiego non contrattualizzato. 
    9.3. In conclusione, la questione di legittimita'  costituzionale
e' sia rilevante sia non manifestamente infondata. 
    Pertanto il giudizio  deve  essere  sospeso,  e  gli  atti  vanno
trasmessi alla Corte costituzionale, ritenendo il Collegio  rilevante
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  68  comma  3,  t.u.  10.1.1957  n.  3,  in
relazione agli artt. 3 e 32, Costituzione, nella parte in cui, per il
caso di "gravi patologie che richiedano terapie  temporaneamente  e/o
parzialmente invalidanti" non esclude dal computo dei  consentiti  18
mesi di assenza per malattia i periodi non computabili secondo l'art.
35, comma 14, c.c.n.l. 2006 - 2009 -  comparto  Universita',  vale  a
dire i "giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli  di
assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie". 
    10. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito,  e  in  ordine
alle spese, resta riservata alla decisione definitiva.